La Cappella Sansevero a Napoli custodisce una delle opere scultoree più affascinanti del patrimonio artistico italiano: il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino realizzata nel 1753.
La statua fu commissionata dal nobile Raimondo di Sangro che pagò cinquanta ducati affinchè venisse realizzata una statua del Cristo morto ricoperta di un velo anch'esso di marmo.
Il corpo di Gesù nel rilassamento muscolare dovuto alla morte viene riprodotto in entrambe i casi in maniera da generare in chi osserva stupore e commozione.
Nel caso della Pietà di Michelangelo, lo studio anatomico della muscolatura, le venature della mano, il movimento plastico del corpo di Gesù nelle braccia di Maria, rendono l'opera di una bellezza senza eguali, raggiungendo vette artistiche mai eguagliate. Lo stesso drappeggio su cui è adagiato il corpo di Gesù viene realizzato con una tale perfezione che sembra di poter toccare e piegare la stoffa, consistente sì, ma nello stesso tempo leggera e plasmabile.
Ma nel Cristo Velato di Sanmartino accade qualcos'altro: il corpo rilassato, il volto sereno di Gesù viene ricoperto di un velo che si adagia finemente ed in modo trasparente lo riveste.
E' disposto su cuscini che si piegano assecondandone le forme, come a "sentirne" il peso, in modo estremamente realistico.
Ai piedi di Gesù la corona di spine ed una tenaglia con i chiodi.
Ma torniamo al velo, al mistero che ancora affascina chi vuole studiare questa opera.
Il committente Raimondo di Sangro era un'illuminista, letterato, esponente della massoneria. Si occupò di studi meccanici, chimici, idrostatici raggiungendo risultati che a suo tempo venivano definiti prodigiosi. Essendo un esoterista ed un alchimista, Raimondo di Sangro manteneva nascoste le sue scoperte e questo fece in modo che la sua figura a Napoli diventasse quasi un mito su cui aleggiava un'aura di mistero.
Così, quando venne esposta la statua del Cristo Velato, si pensò che il particolare realismo del velo fosse dovuto ad un processo alchemico scoperto da Raimondo di Sangro.
Si ipotizzò che sulla statua fosse stato adagiato un sottilissimo velo e, grazie ad un procedimento alchemico, si fosse arrivati ad una "marmorizzazione" del tessuto.
Si ritiene che la stessa rappresentazione dell'opera non voglia essere il Cristo morto ma il "rebis androgino", il "deus absconditus" della massoneria e delle società occulte. Nel Rosarium Philosophorum c'è proprio "l'immagine del Cristo", il triplice, il rebis, che "risorge" avvolto nel manto.
Rappresenterebbe quindi "il mistero più alto della confraternita massonica.
Esso è il simbolo dello spirito fatto materia, che sortisce dall'unione delle due opposte nature in esso preesistenti; è l'inopinabile prodigio che riunisce in sé i contrari, il triplice, l'androgino, l'unità, la stessa che è riproposta nel pane e nel vino del sacramento eucaristico e nel Graal, custodito dai dodici templari nella tradizione germanica".
Gli studi alchemici poi confermerebbero la possibilità di trasformare un tessuto in marmo, attraverso la cosiddetta "marmorizzazione".
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