C'è un piccolo borgo medievale, poco conosciuto, incastonato nella caotica città di Roma, sulla via Cassia arroccato su una rupe: si tratta di Isola Farnese.
Ha origini antichissime (castrum insulae) e la sua storia si intreccia con quella della famiglia Farnese, Alessandro Farnese, che la acquistò dalla famiglia Orsini.
Il piccolo borgo accoglie la chiesa di S. Pancrazio, del XV sec., rimaneggiata poi nel '600 dove si possono ammirare bellissimi affreschi in parte conservati, risalenti all'epoca medievale.
Dall'arco di ingresso, attraverso l'abitato, si arriva al Castello Farnese dell'anno 1000 circa che domina l'intero borgo.
Con il raggrupparsi di antichi villaggi costruiti su alture tufacee, derivanti da eruzioni vulcaniche, cominciarono a formarsi civiltà molto sviluppate ed attente a ciò che proveniva dal mondo orientale, in particolar modo dalla Grecia. Questo fu il caso di Veio che intorno al 7 sec a.C. godette del suo periodo di maggior sviluppo. Si estendeva per 180 ettari, più di Cerveteri e Tarquinia e per molto tempo fu la principale rivale di Roma.
Venne espugnata solo nel 396 a.C. ad opera di Furio Camillo, successivamente Cesare vi dedusse una colonia, divenne "municipium" con Augusto, ma abbandonata dopo Adriano.
L'aspetto bucolico e rilassante non mancherà di accrescere l'immagine di antico che il luogo ci regala.
Ma Veio non è solo natura e campi verdi, è anche storia. Qui infatti già nell'800 cominciarono gli scavi che portarono alla luce alcuni resti dell'antica civiltà etrusca, come la celebre statua di Apollo, proveniente dal Tempio di Portonaccio (visitabile all'interno del parco) e custodita nel Museo di Villa Giulia. La città di Veio presentava una cinta muraria che si ergeva sulla naturale conformazione del terreno, a renderla ancora più difficilmente aggredibile.
Nel territorio di Veio si trova una rete di cunicoli idraulici realizzata sia per fini agricoli che per l'approvigionamento per uso domestico e igienico.
Il cosiddetto Ponte sodo deve il nome alla solidità della struttura: si tratta di una galleria scavata nella roccia lunga 76m. alta 7m e larga 8m, all'interno della quale venne fatto convogliare il fiume Crèmera.
Questa costruzione aveva così due funzioni, di ponte di collegamento con il pianoro di Veio e di convoglio di riserve idriche.
Ma altrettanto importanti sono stati i ritrovamenti di antiche tombe etrusche.
Purtroppo per decenni, e tuttora, questi territori sono stati oggetto di saccheggio da parte di tombaroli che hanno portato via i resti antichi talvolta danneggiando gli affreschi che decoravano le tombe.
Alcune di queste sono tuttora visibili, spesso purtroppo lasciate all'incuria.
La concezione di tomba in epoca etrusca era legata all'attività vitale del defunto che si pensava potesse continuare anche nel regno dei morti, all'interno quindi della tomba stessa. Ciò per effetto delle suggestioni provenienti dal mondo greco che, come detto, influenzarono enormemente la civiltà etrusca.
La tomba, quindi, era concepita come una nuova casa, dotata di un corredo di abiti, di ornamenti, di oggetti d'uso quotidiano, che venivano messi all'interno e con questi una scorta di cibi e bevande di cui il defunto si sarebbe servito. Il resto della tomba era un arricchimento e poteva variare a seconda del rango sociale del defunto.
Le tombe erano costruite sotto terra nascoste da tumuli, in particolari aree adibite a necropoli fuori delle mura della città. Alcune tombe sono "a camera" completamente sotterranee, semisotterranee, oppure scavate nella roccia o ricavate nei ciglioni delle rupi. In quest'ultimo caso vengono dette anche tombe rupestri.
Le tombe a camera sono generalmente introdotte da un corridoio più o meno lungo e stretto e sono scavate sotto gli strati di tufo e peperino.
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