VIETNAM e LAOS

Ospite del blog l'amica Gabriella Moroni che ci parla del suo vissuto durante il recente viaggio in Vietnam e Laos.
Per cominciare, qualche parola di presentazione:
"sono un medico, specialista in psichiatria, psicoterapeuta e sessuologa. Vivo a Pesaro dove esercito la libera professione. Ho fatto varie esperienze di studio e lavoro all'estero. Amo molto viaggiare e fotografare. Il mio motto: "One's destination is never a place but rather a new way of looking at things"(Henry Miller)"

Ho viaggiato in  molti paesi dell'Oriente e da tempo desideravo visitare anche il Laos e il Vietnam.
Quest'anno l'occasione giusta, al rientro da un mese trascorso a Cuba per vacanza e lavoro, ho ancora quasi un mese di ferie e decido cosi' di partire di nuovo alla volta di Laos e Vietnam.
Ho poco tempo per organizzare il viaggio e mi lascio consigliare da esperti del settore.
La partenza, come sempre mi succede, e' preceduta da pensieri, aspettative, fantasie, curiosita', uno stato di leggera euforia ed entusiasmo come mi capitava in adolescenza quando partivo per viaggi e campeggi nei luoghi piu' complicati e improbabili del mondo.










Devo dire che questa disposizione emozionale prima delle partenze nel corso degli anni non mi ha mai lasciata, forse proprio perche' un viaggio, quale che sia, verso qualsiasi destinazione sia diretta, per me rappresenta sempre una metafora di un viaggio interiore, un percorso dell'anima e, in fondo, un avventurarmi dentro me stessa attraverso le strade del mondo.
Il volo lungo come tanti, con scalo ad Abu Dhabi e Bangkok nonostante tutto non e' troppo stancante; vince sempre la voglia di andare, di fare, di scoprire, anche sulle tante ore di aereo e sulla inevitabile fatica fisica.




Ore di sonno perse, fuso orario, salto climatico non mi impediscono di avere un impatto a tinte forti con il Laos, con la capitale Luang Prabang, citta' che da subito mi colpisce per la sua originalita' e per la pace che trasmette.
Le sue strade poco affollate, silenziose, l'atmosfera rarefatta anche per l'altitudine, quell'aria che si respira di un  mondo che va alla sua velocita', poco omologata a quella a cui siamo abituati in Europa, me lo fanno sentire da subito come un luogo speciale.
I gesti delle persone sono lenti, a volte quasi teatrali, le persone nel loro relazionarsi sembrano danzatori con movimenti calmi e ben disegnati nell'aria, sempre gentili, ospitali e collaboranti mi fanno sentire accolta anche se percepisco da tutto un approccio lontano dal mio alla vita, lo sento negli sguardi, fugaci e pudichi, nei sorrisi spesso accompagnati dall'abbassare gli occhi e da una certa ritrosia, lo respiro nei dialoghi che a volte mi sembrano piu' improntati alla fuga che alla conoscenza.

Diciamo che ho come la sensazione che le persone proteggano il loro mondo, lo rendano poco penetrabile, allora penso a quanto sia lontana la loro cultura, a come certe vicende storico-politiche abbiano potuto condizionare e credo frustrare un'innata curiosita' rispetto al diverso, all'alterita'.



Sara' il mio lavoro che mi porta a scavare, a sapere, al desiderio di conoscere e provare a capire l' animo umano e le vite, ma ho sentito in maniera decisa questo atteggiamento alieno dal mio modo di essere.
L'ubicazione geografica del paese, i paesaggi montagnosi, le strade impervie,  hanno senz'altro portato ad un certo isolamento sociale e questo e' stato indubbiamente anche un fattore determinante nella preservazione di una cultura antica intrisa di religiosita' profonda che e' bello respirare nei monasteri, nelle pagode, nei palazzi storici, persino nel palazzo reale che, aldila' della dimensione di rappresentanza , conserva una originalita' e discrezione che lo contraddistinguono.

La religione e' un leitmotiv della scoperta del Laos, e' cosi' pregnante e strutturante socialmente che il desiderio di capire qualcosa di piu' mi induce persino ad alzarmi alle 4 di mattina, cosa per me alquanto faticosa, per poter vedere la processione dei monaci che raccolgono le offerte dei fedeli.



I monaci, di tutte le eta', dai bambini di 8-10 anni agli anziani, scalzi, silenziosi, amimici, apparentemente al di la' e al di sopra di ogni moto emotivo, camminano per le strade della citta' secondo un percorso stabilito e le persone sedute sul ciglio delle strade offrono loro un pugno di riso, qualche biscotto, un mango, generi di sussistenza primaria.
Non un cenno di empatia o ringraziamento ma con il capo lievemente chino procedono ineffabili la loro povera marcia per la sopravvivenza.

I colori e i profumi dell'alba, con le strade umide di pioggia e la terra che sprigiona il suo odore inconfondibile nel blu che si fa rosso poi giallo e azzurro del cielo colorando tutto d'intorno creano una suggestione unica, generando in me tante domande.





Perplessa, colpita, affascinata, forse anche un po' interdetta nel cogliere cosi' da vicino un mondo e delle regole di vita tanto lontane dalle mie, mi perdo nei miei pensieri circa le infinite possibilita' esistenziali nello spendere la vita, nello scegliere forme cosi' diverse di essere persone.
Tutta la complessita' dell'animo umano e della logica intrinseca propria di certe dimensioni esistenziali le si possono cogliere visitando i magnifici templi laotiani, peculiari nella loro struttura e nelle loro decorazioni.

Questi templi infondono un senso di pace e di bisogno spirituale che sta oltre, oltre la quotidianita', oltre la banalita', oltre l'ovvio e che si configurano nella mia mente e nella mia anima come credo i piu' bei templi buddisti che abbia visitato, diversi da quelli di Thailandia, Bali, Cina, Malesia, Singapore etc, anch'essi belli ma in un certo senso piu' omologabili e meno struggenti nella loro identita'.
La ricchezza di colori, di storie rappresentate nei mosaici policromi, i tanti colonnati che creano atmosfere magiche che inducono alla riflessione ed alla meditazione, gli improvvisi rossi accesi che, come pennellate rosso sangue, squarciano l'aria e rimandano a sensazioni forti, ad emozioni difficili da contenere e dominare, sono per me idealmente un ponte fra l'immanente e il trascendente, mi fanno fare i conti con le coloriture piu' estreme dell'anima.






La reiterazione quasi ossessiva delle immagine in forma di statua di Budda rappresentato in tante diverse declinazioni a simboleggiare il caleidoscopio di emozioni possibili e virtu' morali dell'uomo, risuona in me come l'interpretazione di un bisogno insistente di certezze, di conferme, una ridondanza quasi martellante, un ribadire valori, priorita', coordinate socialmente apprezzate e condivise ma sempre per questo rimarcate con insistenza.

Come sempre in Oriente le opere pittoriche o scultoree non sono mai firmate da un artista singolo  ma sono lavori collettivi di tipo artigianale piu' che propriamente artistico inteso in senso occidentale, non hanno l'originalita',la creativita', l'unicita' ascrivibile al concetto di “arte” cosi' come pensata e vissuta in occidente.




La musica all' interno dei templi e' incombente, poco gioiosa, fatta di suoni gravi e grevi.
Recitazioni corali scandite dal suono di un tamburo regolatore, che imprime il ritmo spesso piatto, che non raggiunge mai un culmine, mai liberatorio, mai risolutivo mi evoca un rapporto con la componente superegoica di se', con un concetto di omologazione psico-sociale che lascia poco spazio all'individualita'.
Penso che mi sentirei un po' costretta dentro questa logica, che avrei bisogno di uno spazio mio,tutto mio, che cio' che visito e apprezzo con gli occhi di viaggiatrice mi farebbe sentire imbrigliata, costretta, eccessivamente conformata a ritmi non miei, no, non potrebbe essere la mia dimensione di vita. Pur nella mia specificita' sento di appartenere culturalmente a un mondo che risponde a coordinate diverse, che ha un approccio esistenziale differente e questo forse a volte limita anche la mia capacita' di leggere ed apprezzare alcune delle cose che vedo, mi pone in una posizione un po' distante e non mi da' a volte le emozioni vibranti e di coinvolgimento empatico che altre realta', nelle quali mi identifico maggiormente riconoscendomi di piu', mi fanno esperire.

Da un altro punto di vista pero' queste situazioni immerse in cornici naturali bellissime mi restituiscono prospettive perdute, lontane, vertici di osservazione della vita nuovi, danno forma e potenziano le dimensioni di riflessione e meditazione che trovano in questi contesti stimoli privilegiati e scenari armonici.





In battello raggiungo villaggi poverissimi lungo il fiume Mekong e  provo amarezza e tristezza nel  leggere negli occhi di bambini che possiedono solo i colorati vestiti tradizionali che indossano e forse neanche quelli, il contrasto stridente e doloroso con altri parametri e retaggi, propri di altri angoli del pianeta.

I ritmi di vita sono lenti, stanchi, accaldati, affaticati, le persone, donne e uomini gentili, mai invadenti, rispettosi. Gli occhi dolci ed espressivi dei bimbi appaiono un po' stupiti della mia curiosita' e intraprendenza nel cercare canali di comunicazione improbabili e pure verbali e, al di la' delle ovvie difficolta' linguistiche, colgono le mie intenzioni amichevoli e non vivono la mia curiosita' come molesta e intrusiva se, dopo un po' si lasciano andare a sorrisi ammiccanti   e mi fanno entrare  nelle loro misere case mostrandomi la loro quotidianita' fatta di poverta' e gentilezza, mi offrono dolcetti nauseanti e mi invitano a giocare con loro.


















Cerco di fargli capire che sono un medico, veloci, vivaci, pronti e intuitivi mi conducono nella capanna vicina a visitare il nonno con un vistoso ascesso dentale e anche li' mi confronto con il poco o niente ma ugualmente con la disponibilita' a dare un cenno di amicizia, un sorriso spontaneo,un ringraziamento sincero.

Su tutto, in tutti, un senso di dignita' personale e sociale che collego a un senso forte di appartenenza nazionale ad un paese che, nonostante le tante etnie presenti con le relative diverse lingue, ha fatto dell'unita' nazionale un punto di vera forza nel suo cammino per l'indipendenza ed il socialismo.

Decido di visitare delle cascate prorompenti, meravigliose, chiassose e imponenti, immerse in una natura forte, dai colori decisi, e' una stimolazione plurisensoriale che avvolge e proietta alle radici, all'inizio,dove tutto comincia e va, parte, va lontano, senza incertezze. Ma come si concilia tutto questo con l'atmosfera quasi ovattata di un paese sospeso, fra terra e cielo, che vive una dimensione del tempo tutta sua e che ha una velocita' cosi' diversa?  Eppure ci sono queste cascate e con la loro peculiarita' sono come uno stacco, un punto di rottura col resto e forse proprio per questo ancor piu' apprezzate e valorizzate.




Il verde tropicale e' interrotto da qualche magnifico fiore rosso e giallo, il marrone rossiccio dell'acqua sembra toglierti il respiro con il fumo penetrante che genera, ma ti senti vivo, in sintonia, quasi la discesa di quell'acqua cosi' fragorosa  stesse a rappresentare i tuoi impeti tumultuosi, le corse a perdifiato del cuore, i salti, gli strattoni della vita che va, comunque va, nonostante tutto, nonostante tutti.


I mercati che visito sono un'esplosione di colori, pur essendo rivolti ai turisti mantengono sempre un profilo di buon gusto senza mai scadere nel pacchiano o banale, questo mi piace perche' conferisce loro uno stile, una dignita', una compostezza ed un'eleganza che non e' facile trovare in certi contesti.
Voglio fare un'immersione piena e integrata nelle dinamiche quotidiane laotiane, non turistiche, ma vere, della gente di li', e allora all'alba vado al mercato mattutino dei vari generi alimentari.

Fra odori forti e nauseabondi, penombre inquietanti e immagini poco gradevoli vedo un'umanita' all'opera, che parte nelle sue giornate, che vende, compra, chiacchiera. La vista della carne buttata la', certamente senza osservare i benche' minimi dettami igienici, mi porta a chiedermi e a dirmi che si, devono averla presa proprio li' la carne della cena di ieri, cosi' squisita e ben cucinata, con gli aromi giusti e le verdure giuste, non puo' essere altrimenti...anche il pesce sicuramente ha soggiornato li', su stuoie e cartoni, in compagnia di mosche e grosse formiche, incurante di piedi scalzi vicini, gatti randagi e topi in liberta'.
E' un'umanita' affaccendata che pare immobile nella sua frenesia, che scambia spaghetti di soya con gamberi essiccati, frattaglie di manzo con pastelle fritte  intrise di olio, piu' in la' la frutta, bella, grande, diversa, colorata, i succhi, dei piu' vari e atipici ma tanto invitanti soprattutto nel caldo umido che ormai sale nel mattino fino a diventare opprimente.









Mi concedo qualche massaggio laotiano e, trattenendo a tratti i gemiti di dolore, apprezzo la dedizione e capacita' delle massaggiatrici che con gesti antichi e decisi imprimono in punti diversi del mio corpo con intensita' che varia, la loro forza. L'ambiente forse e' un po' sordido, almeno nelle possibilita' che pare esprimere ma posso dire che personalmente ho trovato serieta' e professionalita'.



Le loro mani sapienti echeggiano di orizzonti ancestrali, di qualcosa che appartiene loro, al loro mondo, alla loro inclinazione ascetica e rispetto del corpo vissuto e sentito come un tutt'uno con l'anima.
Mi piace lasciarmi coccolare, (forse in qualche momento pure un po' maltrattare!) e la mia mente si perde in meandri ed anfratti dell'anima, nei ricordi, nei desideri, nei progetti. E' un tempo per me, in un contesto speciale e vero, in un'atmosfera armonica che mi porta lontana a guardare indietro le mie idee su questo paese cosi' criptico:sapevo poco, pochissimo prima di partire, e' stata davvero una scoperta coinvolgente ed affascinante,al di la' delle mie ingenue aspettative.
Inizio a fare un bilancio della mia esperienza in Laos, mi sento colpita e desiderosa di approfondire e di tornare in futuro a respirare il fumo dell'umidita' grigia dell'alba, la densita' delle nuvole che da qui pare di toccare con le mani.
Questo pensiero si fa proposito, quasi progetto, magari fra qualche anno...
Il viaggio continua e parto in aereo per Hanoi, Vietnam.

Il velivolo e' un piccolo aereo ad elica,vola basso e questo mi permette di ammirare da una posizione privilegiata il sole che muore sulle montagne del Laos; i fiumi, il verde, tutto appare  nitido e vicino da quassu', come decisi sono i colori e le immagini del Laos che porto con me.
Il Vietnam dall'alto risulta subito molto ordinato nella sua disposizione agricola, ricco di corsi d'acqua, pare una Svizzera orientale, che gia' mi sorprende un po' risultando diverso dallo stereotipo che avevo.



I paesi confinano e presentano diverse similitudini anche se credo offrano specifiche caratteristiche peculiari.
In realta' il Vietnam  mostra volti molto diversi nelle realta' geografiche del nord e del sud.
Il nord e' indubbiamente piu' legato all'eredita' del passato, meno dinamico, piu' tradizionalista mentre il sud e' il cuore pulsante economico-commerciale, guarda verso l'occidente e si avvicina in parte agli stilemi esistenziali occidentali.
Hanoi, capitale politica, e' tutta dentro la logica del comunismo, delle conquiste fatte, celebrativa del leader storico Ho Chi Min, evoca un socialismo reale di stampo sovietico.
E' una bella citta' con tanto verde, un lago importante, tanti templi e, anche se il Vietnam si picca di essere uno dei paesi con il piu' alto tasso di ateismo, i luoghi di culto sono molto frequentati e vissuti forse anche per gli aspetti filosofico-dottrinali piu' che squisitamente religiosi.
Il centro e' colorato, caotico, chiassoso, ci si perde nei vicoli che pullulano di venditori di ogni sorta di mercanzia.
Colpisce la popolazione giovanissima e sorridente, genuinamnte gentile che coniuga una freschezza di approccio alla vita ad un manierismo tipicamente orientale, fondendo questi due aspetti con un efficientismo ed una precisione quasi teutonica.
Visito l'antica universita' di Hanoi, bella, interessante, con edifici intervallati da prati, fontane, laghetti artificiali in cui spiccano fiori di loto che con la loro grazia ed eleganza mi paiono in armonia con il sorriso discreto delle ragazze, con l'entusiasmo composto delle neo-laureate che festeggiano vestite di tonache da laurea ma che sotto, rigorosamente, vestono abiti tradizionali, i consueti pantaloni con una tunica lunga, colorati e intrinsecamente raffinati.

Qui il sapere si e' tramandato per secoli, con schemi e rituali propri, e' qui che si e' formata buona parte dell'attuale classe dirigente del paese.




Nelle proposte turistiche del Vietnam da sempre avevo ammirato le foto della Baia di Ha Long cosi'
decido di fare una crociera di un paio di giorni nella baia: esperienza stupenda, a bordo di una elegante nave arredata in stile retro' che ha il sapore di “Indocina”, visito la spettacolare baia, davvero una meraviglia naturale.
Un paesaggio da sogno si apre ai miei occhi, acque cristalline, mare blu blu, alti picchi ricchi di fitta vegetazione che si stagliano come emergendo dal nulla, creano suggestioni e magie. Il tramonto e' da sogno,trasfigura le dimensioni e le proporzioni, conferisce tridimensionalita' e movimento al paesaggio, i colori caldi che sfumano l'uno nell'altro trasmettono emozioni decadenti e coinvolgenti. Il pensiero va lontano, va a tutte le volte che ho desiderato e sperato di visitare questo luogo, a come questa immagine che ora e' davanti a me ha catalizzato per anni le mie fantasie su questo paese.
Non ci sono praticamente piu' le barche con le tradizionali grandi vele vietnamite, soppiantate ormai da moderni traghetti ma questo posto conserva il suo fascino, soprattutto per chi ama cullare i propri ricordi nelle acque dolci, calde e rassicuranti della baia. Ogni scorcio e' un potenziale scenario che cattura la mia macchina fotografica e la mia immaginazione.

Una natura magica e prorompente che si impone, ti rimane impressa nel cuore e nell'anima, ti fa sentire piccolo e spettatore ignaro di tanta bellezza come tutto fosse creato ad arte per stupire, per lasciarti a bocca aperta come quando da bambina, con il naso spiaccicato sui vetri stupita, rapita, guardavo la magia di quei fiocchi bianchi piccoli piccoli che danzavano nel cielo e che in poco tempo coprivano tutto, e una volta a terra si facevano coltre, tutto ne era avvolto, nulla e nessuno immune, un sentirsi avvolti e rassicurati;  non potevano succedere cose brutte quando c'era la neve,aveva una valenza intrinsecamente buona ed era bella, bellissima, rendeva tutto cosi' puro e fiabesco cosi' come fiabesco e' il paesaggio forte e imprevedibile della baia.









Ancora un aereo per We, poi in macchina, costeggiando risaie che si susseguono e si sviluppano a perdita d'occhio, arrivo ad Hoi An, deliziosa citta' coloniale, dall'unitarieta' architettonica con edifici coevi ottocenteschi ed alcuni addirittura del 6-700, bellissima nelle sue case giallo ocra dai colori accesi, vivace, vitale, colorata, citta' di lanterne e gente.
Gente che passeggia, guarda, parla, ride, mangia, poco vietnamita questa cittadina, direi che ha un profilo piu' internazionale nelle sue vie affollate di negozietti simpatici, ricercati ed eleganti.













La presenza di una religione che, al di la' del cartello politico, entra nelle abitudini delle persone e delle famiglie come processo di apprendimento e di iniziazione mi porta a voler vedere da vicino un monastero e ad osservare la vita comunitaria che decine di ragazzi e bambini vivono, formandosi e crescendo secondo regole buddiste.
Sono tutti vestiti con abiti informi grigi che in qualche modo mortificano e negano l'identita' maschile situandoli in una posizione di neutralita' come fossero puro spirito, tutti compresi nel loro progetto di crescita spirituale.
I ragazzi evitano il mio sguardo e, di nascosto, li vedo osservarmi di soppiatto fra un calcio ad un pallone ed una lettura di testi sacri.
Colgo qualche sguardo di intesa fra loro e qualche sorriso rubato, non fa parte dei dettami e va strettamente coartato o vissuto in segretezza.
L'atmosfera che si respira in questa oasi verde popolata di strutture antiche che accolgono i monaci   certo mi trasmette un senso  di pace e armonia, mi pare di essere fuori dal mondo, in un mondo altro in cui le emozioni e le pulsioni vengono negate o superate e rendono immuni da tutto cio' le vicende della vita che scorre metodica, ripetuta,quasi recitata e poco interpretata singolarmente.

I gesti sempre uguali, le azioni ripetute,i volti sempre gli stessi, il confronto con le emozioni assenti, mi appaiono lontanissimi da cio' che per me e' crescere, e' vivere,  ma le cose e le persone che ho visto mi lasciano dentro spunti di analisi e ipotesi che anche nei giorni successivi polarizzano le mie riflessioni e mi pongono quesiti stimolanti.



Domani si parte in aereo per l'ultima tappa:Saigon.
Ho Chi Min-Saigon ti stordisce per il brulichio di gente, per i rumori assordanti, i motorini inquinanti che sembrano un fiume nelle strade, un senso di paradossale ordine nel disordine, mi ricorda un po' Shanghai, mi rimanda a quel senso di opprimente precarieta' in cui e' persino difficile fermare le immagini davanti agli occhi, tutto corre via cosi' veloce.
Frastornata ma curiosa giro, parlo, chiedo, mi propongo con le mie mille domande sul paese, sul presente e sul passato.
Il passato sembra lontano, quasi rimosso, ma in realta' approfondendo un po' mi rendo conto come inevitabilmente  torni con il suo carico di tragica drammaticita'.  
Da ragazzina ho sfilato anch'io perche' la guerra finisse, ho tanti ricordi legati alle vicende politiche di quegli anni, una guerra atroce come tutte le guerre e forse ancora piu' barbara per la ferocia, la crudelta', la mancanza di rispetto di regole concordate anche nella folle logica della guerra (bombe al napalm, gas tossici) hanno fatto si' che su questo paese sia stato gettato materiale bellico quattro volte superiore a quello della seconda guerra mondiale, con un bilancio di 3 milioni di morti fra i vietnamiti, di cui due milioni di civili, e circa 75000  americani.

Una ferita che sanguina, che avrebbe messo in ginocchio qualsiasi paese ma non questo che con ammirevole forza, impegno, capacita', coraggio e determinazione ora, a meno di 40 anni dalla fine della  guerra, e' tutto proiettato verso il futuro. Non si e' fermato a leccarsi le ferite ma ha trovato la forza per andare avanti.



Visitando il Museo della Guerra che, fino alla visita di Clinton a Saigon 15 anni fa, si chiamava Museo degli Orrori, provo angoscia profonda, il confronto con la storia e' li', davanti ai miei occhi, le grida della famosissima bambina la cui foto vinse il Premio Pulitzer mi pare di sentirle, avverto lo strazio del nulla, il dolore della consapevolezza che in guerra si perde tutti, e' l'uomo che perde, e' la vita che viene oltraggiata, annientata, negata.

I racconti di uomini e donne che questa guerra l'hanno vissuta o l'hanno respirata mi paralizza, mi intralcia il respiro, mi fa sentire, mio malgrado parte di quella mostruosita'. Riecheggiano nella mia mente le parole di John Donne nella prefazione di “Per chi suona la campana”, mi sento parte, anche io una parte ferita, offesa pur nella mia lontananza geografica e generazionale.


Le vicende difficili di questo paese mi catturano,resto ore ad ascoltare, a chiedere, a cercare di capire.
Incontro persone organiche al sistema, al partito unico, battagliere e forse un po' fanatiche ma che esprimono una abnegazione leale degna comunque di stima, magari un po' naif nella loro ottusita' politica e ne incontro altre, molte altre che in passato  da  questo sistema politico  hanno visto sottratti  padri, fratelli, amici  dispersi per decenni in “campi di rieducazione”: vite costrette, umiliate, spezzate e che proprio per questo  anelano ad un cambiamento politico totale tutti orientati verso un mito, nonostante tutto...quell' America che per 8 anni e' stata il nemico supremo.  Ora nelle parole dei miei amici vietnamiti non sento odio e neppure piu' rabbia nei confronti del nemico storico e penso che se fossi americana mi sentirei comunque accettata qui dalla gente, forse anche sull'onda di un pragmatismo e di una concretezza che contraddistingue questo popolo, anche nel relazionarsi al proprio passato.
Visito il Tunnel di Kuchi, teatro della guerra e con grande fatica riesco ad immaginare anche uno solo dei giorni della guerra, delle condizioni inumane di vita nel combattimento, poi la mente corre ai tanti ragazzi americani morti nelle trappole atroci e perverse senza una ragione, in fondo senza nemmeno un vero perche', ammesso che possa anche solo lontanamente esisterne uno a giustificazione della guerra.
Rivedo gli occhi ancora spaventati del mio amico americano Jerry, apprezzato chirurgo di New York, che avendo combattuto in Vietnam mi parlava della sua tragica esperienza, di come ancora la notte i suoi sogni fossero popolati da immagini drammatiche del passato, di come i fantasmi tornassero alla sua mente e diventassero incubi, un dolore incancellabile, uno strappo incolmabile che ha condizionato tutta la sua vita, non l'ha mai lasciato e l'ha seguito come un peso angoscioso e inemendabile facendolo convivere con la paura, il terrore, la colpa.
Ora il profumo insolito, acre e fermentato del cibo che mi servono mi scuote dal mio torpore attonito e mi riporta all'oggi, a tenere dentro di me il forte senso di identita' di popolo di questa gente che, pur nelle sue tante differenze individuali, si configura come qualcosa di solido e positivo nella mia mente, in qualche modo uno stimolo ad esserci, a non fermarsi ma a crederci, a stringere i denti e guardare l'alba del giorno che nasce e che porta con se' opportunita', speranza, fiducia e motivazioni a vivere.
L'aereo del ritorno e' sempre pieno, pieno di mille immagini che si affastellano negli occhi e nella mente e che richiederanno tempo e dedizione  per trovare un loro ordine, una loro sintesi.
I  fotogrammi  questa volta sono  particolarmente intensi, forti, duri, dolci e disperati,  gioiosi ed enigmatici, certamente forieri di elementi di riflessione ed analisi, una tavolozza di colori brillanti, sfumature delicate e chiaroscuri da decifrare e che, sono certa, resteranno sempre dentro di  me facendomi compagnia nel mio percorso esistenziale.

Ancora una volta viaggiare mi ha scaldato il cuore, mi ha dato spunti di riflessione sul mio mondo  interiore e sintonie con il mondo fuori di me.

(Testo e foto di Gabriella Moroni)




Nessun commento:

Posta un commento