Chi ha viaggiato in Asia non può non aver colto la profonda spiritualità che permea tutto, dall'aria che si respira ai gesti quotidiani, dall'architettura dei templi all'interno delle case comuni.
In Asia si sono sviluppate le più importanti religioni, dal cristianesimo all’ebraismo, dal buddismo all’induismo e alla fede islamica, passando per una infinità di religioni minori ma allo stesso tempo importanti.
E’ soprattutto in Cina, in India, in Sri Lanka e in Giappone che troviamo gli esempi più importanti dell’architettura buddista.
Gli antichi cinesi avevano la concezione dell’universo basata sullo yin e yang (il bianco e il nero - gli opposti) e un concetto estetico di simmetria, ordine e stabilità. In virtù di questa filosofia i templi cinesi hanno una forma quadrata, con gli edifici distribuiti lungo l’asse centrale sud-nord simmetrici, maestosi ed ordinati. Spesso nei templi buddisti cinesi ritroviamo la struttura a giardino. Queste caratteristiche conferiscono agli edifici un’atmosfera interna molto elegante.
Il Potala Palace a Lhasa in Tibet rappresenta un tipico esempio di tempio buddista cinese.
Costruito al tempo della dinastia Tang, fu più volte restaurato in epoche successive, dando origine ad un enorme complesso di edifici. L’intera struttura è costruita sulla montagna, con una superficie di oltre 20 mila mq, comprendente 20 sale e padiglioni. Il Potala presenta il tipico stile architettonico della dinastia Tang, ma riprende numerose caratteristiche dell’architettura del Nepal e dell’India.
Nei monasteri buddisti, presenti numerosissimi in Tibet, ritroviamo uno schema architettonico che si ripete pressocchè costantemente: una o due cerchie di mura perimetrali con un cancello di entrata, un cortile interno dove sono situati dei portaincensi ed una serie di ruote di preghiera; sia sulle mura che sul cortile, che nei pressi del monastero vengono stese le caratteristiche bandiere di preghiera tibetane.
Proseguendo, oltre il cortile esterno, si trova il tempio principale con la porta di ingresso, che si trova tra i quattro re guardiani del mondo chiamati Lokapalas, dipinti (due per ogni lato) sui muri esterni.
Quindi abbiamo un vestibolo, una sala delle assemblee, dove i monaci recitano o cantano i loro mantra, affrescata su tutti i muri ad eccezione di quello in cui sono riposti i testi sacri, una o più cappelle adiacenti alla sala delle assemblee recanti grandi statue dorate raffiguranti Buddha.
Il piano superiore, a cui si accede mediante scale piuttosto ripide, accoglie gli alloggi per i monaci e altre cappelle per la meditazione tantrica.
Sul tetto del tempio, solitamente, sono issate la bandiera della vittoria e la ruota della legge, detta Dharmachakra, ai cui lati sono poste le statue di due antilopi, simbolizzante Buddha, che fece il primo discorso, dopo il raggiungimento dell'Illuminazione, alla sola presenza di questi due animali.
Possiamo ritrovare uno o più reliquiari, chiamati chorten, in cui si conservano le ceneri di santi o lama famosi.
Il primo serio impulso all'architettura in pietra viene proprio dal Buddhismo. I fedeli iniziarono la costruzione di santuari e monasteri in pietra intorno al II secolo a.C.
La prima architettura Buddhista consisteva in santuari e monasteri scavati nelle montagne per ospitare i gruppi di religiosi itineranti durante la stagione delle piogge.
La tradizione dei templi e dei monasteri scavati nella roccia continuo' per molti secoli e ne ritroviamo tuttora dei meravigliosi esempi sia in India che in Sri Lanka.
Di particolare interesse sono le stupa. Queste originano da collinette funerarie o tumuli molto comuni in India fin dalla preistoria. Questa forma di venerazione e' stata adottata dai Buddhisti abbastanza presto e si diffuse avendo come finalità di custodire i resti di Buddha e dei suoi discepoli. Nel corso dei secoli le stupa divennero progressivamente piu' grandi e più elaborate.
I templi induisti presentano anch’essi delle caratteristiche architettoniche tali da renderli facilmente riconoscibili agli occhi del visitatore. Il primo impatto visivo infatti è spesso la vivacità dei colori e delle decorazioni rappresentanti le divinità indù.
Traggono origine dai dolmen e rappresentano la residenza della divinità, intesa come passaggio verso “l’altra dimensione”.
Possono essere di diverse forme e dimensioni (rettangolari, ottagonali, semicircolari), con diversi tipi di cupole e cancelli. Le parti che si ritrovano in ogni tempio sono:
il Duomo e il campanile (il campanile del duomo si chiama “shikhara” - vertice, che rappresenta il mitologico Monte Meru, la vetta della montagna più alta. La forma della cupola varia da regione a regione e il campanile ha forma a tridente di Shiva
La Camera interna, chiamata “Garbhagriha“, ovvero il luogo dove è posta l’immagine della divinità (‘murti‘). Spesso questa zona non è aperta ai visitatori e solo i sacerdoti del tempio sono ammessi all’interno.
La Sala: destinata al pubblico, è anche chiamata il ‘nata-Mandira‘ (sala per la danza) dove, in tempi antichi, le danzatrici o “Devadasis” eseguivano rituali di danza. I devoti utilizzano la sala per sedersi, meditare, pregare o cantare.
Il Portico: con una grande campana metallica che pende dal soffitto. I devoti che entrano ed escono suonano questa campana per annunciare il loro arrivo.
Il Serbatoio: un serbatoio d’acqua dolce utilizzata per i rituali, così come per mantenere il pavimento pulito o anche per un bagno rituale.
Il Passaggio pedonale: la maggior parte dei templi ha una passerella intorno alle pareti della camera interna per la deambulazione dei devoti.
Uno dei modi più caratteristici di rivolgere preghiere al cielo da parte dei fedeli buddisti specie in Tibet è quello di distendere al vento le coloratissime bandierine.
Sono chiamate Lung-ta, letteralmente “cavalli (ta) di vento (lung)”, sono rettangoli di stoffa di differenti colori, infilati su lunghe corde, su cui sono stampati diversi mantra (testi sacri). Il vento che le fa muovere sparge le benedizioni che contengono verso tutti gli esseri, umani e non. In Tibet si ritrovano soprattutto ai valichi di montagna. Le bandiere di preghiera invocano compassione, armonia, pace, la saggezza e protezione contro il male.
Proprio per questo motivo devono essere trattate con rispetto. Non possono essere appoggiate per terra o gettate nei rifiuti. Le bandierine ormai logore che si vuole eliminare devono essere bruciate, affinché il fumo possa trasportare la loro benedizione in cielo.
Secondo la vecchia tradizione buddhista, le forti correnti d’aria himalayane guidano le preghiere verso il cielo, trasportate dal Cavallo del Vento. Quando il bordo delle bandierine in cotone comincia e sgretolarsi a causa dell’azione del vento, tutte le preghiere riportate al loro interno cominciano a realizzarsi. Devono essere disposte in modo che il vento le agiti il più possibile. In ogni bandierina è disegnato al centro un cavallo, il Cavallo del Vento, che trasporta dei gioielli luccicanti sul dorso. I tre gioielli rappresentano Buddha, il Dharma (l’insegnamento buddhista) e il Sanga (la grande comunità buddhista). Tutti insieme danno vita alla Trinità Buddhista.
Le bandierine di preghiera sono di cinque differenti colori, che rappresentano i cinque elementi fondamentali, o le cinque dimensioni del Buddha; per questo motivo sono sempre raggruppate in multipli di cinque. Il Blu, il Cielo. Il Bianco, l’Acqua. Il Rosso, il Fuoco. Il Verde, l’Aria. Il Giallo, la Terra. Questi cinque colori vengono posizionati secondo la seguente sequenza: Giallo, Verde, Rosso, Bianco e Blu da sinistra a destra, o dal basso verso l’alto. Il Blu dovrebbe essere sempre l’ultimo colore in alto, perché rappresenta il Cielo, mentre il Giallo il primo in basso, proprio perché rappresenta la Terra. L’ordine dei colori è sempre: giallo, verde, rosso, bianco e blu; in senso verticale il giallo si trova in basso e il blu in alto. In senso orizzontale l’ordine più seguito è da destra a sinistra o viceversa.
Ai quattro angoli di ogni bandiera, vi sono le immagini di Garuda, del Drago, della Tigre e del Leone delle nevi: quattro animali sacri che simboleggiano saggezza, forza, intelligenza e coraggio. Attorno al cavallo, sono scritti mantra potenti e rituali dedicati alle diverse divinità. In essi si evoca ancora la saggezza, l’amore, la compassione e la forza. Questi mantra proteggono dai pericoli e dalle energie negative, aiutano a superare gli ostacoli, aumentare la prosperità, allungare la vita, promuovere la pace e l’armonia fra tutti gli esseri viventi.
Queste bandierine si ritrovano anche sul “tetto del mondo”, al campo base del Monte Everest!
Un’altra espressione di preghiera, di meditazione e di purificazione per raggiungere l’estasi è rappresentata dal mandala. Il termine deriva da una parola in Sanscrito che significa “cerchio”. Il cerchio delimita uno spazio che rappresenta l’esteriorizzazione della propria psiche.
Nel mandala il centro è l’uomo stesso che si deve purificare, trasformando le forze negative che porta dentro in energia positiva.
In questo modo vengono espulse tutte le energie negative attraverso la meditazione, la presa di coscienza e la conoscenza del proprio Sé che si realizza nella costruzione del mandala.
Mentre costruisce il mandala, dall’esterno verso l’interno, nell’uomo si attua un processo di concentrazione, di ricerca interiore indispensabile perchè si verifichi la catarsi e la purificazione.
I Thangka, invece, sono dei dipinti su tessuto e rappresentano l’espressione più caratteristica della pittura tibetana.
Un thangka può raffigurare una semplice illustrazione con finalità celebrative e per gli artisti più esperti o per i maestri può essere un mezzo di affinamento spirituale.
Il velo di seta che ricopre i thangka serve a proteggerli dalla polvere e dal fumo delle lampade a burro di yak.
Queste lampade, singolarissime e di estremo fascino, le ritroviamo in tutti i templi buddisti del Tibet. Sono appunto alimentate dal grasso del burro di yak, un bue che vive sugli altopiani tibetani. Sono disposte davanti alle statue delle divinità e vengono alimentate dai fedeli che riversano all’interno il burro liquefatto.
La religiosità dei fedeli buddisti è fatta di gesti ben precisi.
E’ abitudine infatti accendere interi mazzetti di incensi, inchinarsi più volte davanti alla statua della divinità e riporli poi in offerta in enormi incensiere. Queste, come abbiamo detto, sono situate nel cortile interno del tempio.
Altra espressione di religiosa preghiera consiste nell’accendere fiammelle votive, alimentate dalla cera contenuta in piccoli vasetti di terracotta.
Presso il tempio di Kandy in Sri Lanka, uno dei più famosi al mondo, i fedeli si mettono religiosamente in fila per vedere la stupa d'oro che viene esposta ogni mattina alle 9.30.
Questa stupa d’oro contiene il “dente di Buddha” e ogni anno viene organizzata una festa con danze e musiche durante la quale la stupa viene portata a dorso di un elefante per le strade della citta' di Kandy. All'interno del Tempio, un affresco ne riproduce i momenti salienti.
I fedeli, muniti di piccoli cestini pieni di fiori votivi, attendono questo momento e l'attesa è scandita dal ritmo dei tamburi e dei flauti. All'interno del Tempio sono custoditi innumerevoli manoscritti in forma di tavolette rilegate su cui sono riportare regole e rituali religiosi della fede buddista.
All'insegna dell'integrazione religiosa, nel Tempio di Kandy convivono anche piccoli templi dedicati al culto induista e le cerimonie di preghiera si mescolano in una comunione di intenti.
Gli strumenti di preghiera che a mio giudizio esprimono maggior fascino sono le ruote di preghiera. Sono tipicamente tibetane e possono essere portatili oppure più o meno grandi, disposte nei cortili esterni dei templi.
Le ruote portatili sono cilindriche con un coperchio removibile al cui interno è riposta una cavità contenente una striscia di carta attorcigliata molto lunga e sottile, che riporta innumerevoli ripetizioni del mantra “om mani padme hung” (possano i vostri corpo, parola e mente impuri trasformarsi nei puri splendenti corpo, parola e mente di Buddha) in caratteri tibetani. Il mantra è anche impresso sulla parte esterna della ruota, agganciata a una maniglia di legno tramite un asse di metallo. Un perno di piombo con una catenella è attaccato al cilindro consentendone la rotazione. Quando la ruota viene fatta girare, la preghiera si disperde nell'aria e il vento la trasporta in tutto il mondo.
I tibetani quindi utilizzano le ruote della preghiera per elargire a tutti gli esseri benedizioni spirituali e invocare un buon karma per la vita successiva. Vediamo i fedeli che fanno girare la ruota continuamente, mentre passeggiano, mentre conversano o riposano, mormorando il mantra. La ruota di preghiera deve essere girata in senso orario.
Le ruote di preghiera più grandi invece sono disposte al di fuori dei templi e i fedeli le fanno girare prima di rendere onore alla divinità all’interno del tempio.
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Gli antichi cinesi avevano la concezione dell’universo basata sullo yin e yang (il bianco e il nero - gli opposti) e un concetto estetico di simmetria, ordine e stabilità. In virtù di questa filosofia i templi cinesi hanno una forma quadrata, con gli edifici distribuiti lungo l’asse centrale sud-nord simmetrici, maestosi ed ordinati. Spesso nei templi buddisti cinesi ritroviamo la struttura a giardino. Queste caratteristiche conferiscono agli edifici un’atmosfera interna molto elegante.
Il Potala Palace a Lhasa in Tibet rappresenta un tipico esempio di tempio buddista cinese.
Costruito al tempo della dinastia Tang, fu più volte restaurato in epoche successive, dando origine ad un enorme complesso di edifici. L’intera struttura è costruita sulla montagna, con una superficie di oltre 20 mila mq, comprendente 20 sale e padiglioni. Il Potala presenta il tipico stile architettonico della dinastia Tang, ma riprende numerose caratteristiche dell’architettura del Nepal e dell’India.
Nei monasteri buddisti, presenti numerosissimi in Tibet, ritroviamo uno schema architettonico che si ripete pressocchè costantemente: una o due cerchie di mura perimetrali con un cancello di entrata, un cortile interno dove sono situati dei portaincensi ed una serie di ruote di preghiera; sia sulle mura che sul cortile, che nei pressi del monastero vengono stese le caratteristiche bandiere di preghiera tibetane.
Proseguendo, oltre il cortile esterno, si trova il tempio principale con la porta di ingresso, che si trova tra i quattro re guardiani del mondo chiamati Lokapalas, dipinti (due per ogni lato) sui muri esterni.
Quindi abbiamo un vestibolo, una sala delle assemblee, dove i monaci recitano o cantano i loro mantra, affrescata su tutti i muri ad eccezione di quello in cui sono riposti i testi sacri, una o più cappelle adiacenti alla sala delle assemblee recanti grandi statue dorate raffiguranti Buddha.
Il piano superiore, a cui si accede mediante scale piuttosto ripide, accoglie gli alloggi per i monaci e altre cappelle per la meditazione tantrica.
Sul tetto del tempio, solitamente, sono issate la bandiera della vittoria e la ruota della legge, detta Dharmachakra, ai cui lati sono poste le statue di due antilopi, simbolizzante Buddha, che fece il primo discorso, dopo il raggiungimento dell'Illuminazione, alla sola presenza di questi due animali.
Possiamo ritrovare uno o più reliquiari, chiamati chorten, in cui si conservano le ceneri di santi o lama famosi.
Il primo serio impulso all'architettura in pietra viene proprio dal Buddhismo. I fedeli iniziarono la costruzione di santuari e monasteri in pietra intorno al II secolo a.C.
La prima architettura Buddhista consisteva in santuari e monasteri scavati nelle montagne per ospitare i gruppi di religiosi itineranti durante la stagione delle piogge.
La tradizione dei templi e dei monasteri scavati nella roccia continuo' per molti secoli e ne ritroviamo tuttora dei meravigliosi esempi sia in India che in Sri Lanka.
Di particolare interesse sono le stupa. Queste originano da collinette funerarie o tumuli molto comuni in India fin dalla preistoria. Questa forma di venerazione e' stata adottata dai Buddhisti abbastanza presto e si diffuse avendo come finalità di custodire i resti di Buddha e dei suoi discepoli. Nel corso dei secoli le stupa divennero progressivamente piu' grandi e più elaborate.
I templi induisti presentano anch’essi delle caratteristiche architettoniche tali da renderli facilmente riconoscibili agli occhi del visitatore. Il primo impatto visivo infatti è spesso la vivacità dei colori e delle decorazioni rappresentanti le divinità indù.
Traggono origine dai dolmen e rappresentano la residenza della divinità, intesa come passaggio verso “l’altra dimensione”.
Possono essere di diverse forme e dimensioni (rettangolari, ottagonali, semicircolari), con diversi tipi di cupole e cancelli. Le parti che si ritrovano in ogni tempio sono:
il Duomo e il campanile (il campanile del duomo si chiama “shikhara” - vertice, che rappresenta il mitologico Monte Meru, la vetta della montagna più alta. La forma della cupola varia da regione a regione e il campanile ha forma a tridente di Shiva
La Camera interna, chiamata “Garbhagriha“, ovvero il luogo dove è posta l’immagine della divinità (‘murti‘). Spesso questa zona non è aperta ai visitatori e solo i sacerdoti del tempio sono ammessi all’interno.
La Sala: destinata al pubblico, è anche chiamata il ‘nata-Mandira‘ (sala per la danza) dove, in tempi antichi, le danzatrici o “Devadasis” eseguivano rituali di danza. I devoti utilizzano la sala per sedersi, meditare, pregare o cantare.
Il Portico: con una grande campana metallica che pende dal soffitto. I devoti che entrano ed escono suonano questa campana per annunciare il loro arrivo.
Il Serbatoio: un serbatoio d’acqua dolce utilizzata per i rituali, così come per mantenere il pavimento pulito o anche per un bagno rituale.
Il Passaggio pedonale: la maggior parte dei templi ha una passerella intorno alle pareti della camera interna per la deambulazione dei devoti.
Uno dei modi più caratteristici di rivolgere preghiere al cielo da parte dei fedeli buddisti specie in Tibet è quello di distendere al vento le coloratissime bandierine.
Sono chiamate Lung-ta, letteralmente “cavalli (ta) di vento (lung)”, sono rettangoli di stoffa di differenti colori, infilati su lunghe corde, su cui sono stampati diversi mantra (testi sacri). Il vento che le fa muovere sparge le benedizioni che contengono verso tutti gli esseri, umani e non. In Tibet si ritrovano soprattutto ai valichi di montagna. Le bandiere di preghiera invocano compassione, armonia, pace, la saggezza e protezione contro il male.
Proprio per questo motivo devono essere trattate con rispetto. Non possono essere appoggiate per terra o gettate nei rifiuti. Le bandierine ormai logore che si vuole eliminare devono essere bruciate, affinché il fumo possa trasportare la loro benedizione in cielo.
Secondo la vecchia tradizione buddhista, le forti correnti d’aria himalayane guidano le preghiere verso il cielo, trasportate dal Cavallo del Vento. Quando il bordo delle bandierine in cotone comincia e sgretolarsi a causa dell’azione del vento, tutte le preghiere riportate al loro interno cominciano a realizzarsi. Devono essere disposte in modo che il vento le agiti il più possibile. In ogni bandierina è disegnato al centro un cavallo, il Cavallo del Vento, che trasporta dei gioielli luccicanti sul dorso. I tre gioielli rappresentano Buddha, il Dharma (l’insegnamento buddhista) e il Sanga (la grande comunità buddhista). Tutti insieme danno vita alla Trinità Buddhista.
Le bandierine di preghiera sono di cinque differenti colori, che rappresentano i cinque elementi fondamentali, o le cinque dimensioni del Buddha; per questo motivo sono sempre raggruppate in multipli di cinque. Il Blu, il Cielo. Il Bianco, l’Acqua. Il Rosso, il Fuoco. Il Verde, l’Aria. Il Giallo, la Terra. Questi cinque colori vengono posizionati secondo la seguente sequenza: Giallo, Verde, Rosso, Bianco e Blu da sinistra a destra, o dal basso verso l’alto. Il Blu dovrebbe essere sempre l’ultimo colore in alto, perché rappresenta il Cielo, mentre il Giallo il primo in basso, proprio perché rappresenta la Terra. L’ordine dei colori è sempre: giallo, verde, rosso, bianco e blu; in senso verticale il giallo si trova in basso e il blu in alto. In senso orizzontale l’ordine più seguito è da destra a sinistra o viceversa.
Ai quattro angoli di ogni bandiera, vi sono le immagini di Garuda, del Drago, della Tigre e del Leone delle nevi: quattro animali sacri che simboleggiano saggezza, forza, intelligenza e coraggio. Attorno al cavallo, sono scritti mantra potenti e rituali dedicati alle diverse divinità. In essi si evoca ancora la saggezza, l’amore, la compassione e la forza. Questi mantra proteggono dai pericoli e dalle energie negative, aiutano a superare gli ostacoli, aumentare la prosperità, allungare la vita, promuovere la pace e l’armonia fra tutti gli esseri viventi.
Queste bandierine si ritrovano anche sul “tetto del mondo”, al campo base del Monte Everest!
Un’altra espressione di preghiera, di meditazione e di purificazione per raggiungere l’estasi è rappresentata dal mandala. Il termine deriva da una parola in Sanscrito che significa “cerchio”. Il cerchio delimita uno spazio che rappresenta l’esteriorizzazione della propria psiche.
Nel mandala il centro è l’uomo stesso che si deve purificare, trasformando le forze negative che porta dentro in energia positiva.
In questo modo vengono espulse tutte le energie negative attraverso la meditazione, la presa di coscienza e la conoscenza del proprio Sé che si realizza nella costruzione del mandala.
Mentre costruisce il mandala, dall’esterno verso l’interno, nell’uomo si attua un processo di concentrazione, di ricerca interiore indispensabile perchè si verifichi la catarsi e la purificazione.
I Thangka, invece, sono dei dipinti su tessuto e rappresentano l’espressione più caratteristica della pittura tibetana.
Un thangka può raffigurare una semplice illustrazione con finalità celebrative e per gli artisti più esperti o per i maestri può essere un mezzo di affinamento spirituale.
Il velo di seta che ricopre i thangka serve a proteggerli dalla polvere e dal fumo delle lampade a burro di yak.
Queste lampade, singolarissime e di estremo fascino, le ritroviamo in tutti i templi buddisti del Tibet. Sono appunto alimentate dal grasso del burro di yak, un bue che vive sugli altopiani tibetani. Sono disposte davanti alle statue delle divinità e vengono alimentate dai fedeli che riversano all’interno il burro liquefatto.
La religiosità dei fedeli buddisti è fatta di gesti ben precisi.
E’ abitudine infatti accendere interi mazzetti di incensi, inchinarsi più volte davanti alla statua della divinità e riporli poi in offerta in enormi incensiere. Queste, come abbiamo detto, sono situate nel cortile interno del tempio.
Altra espressione di religiosa preghiera consiste nell’accendere fiammelle votive, alimentate dalla cera contenuta in piccoli vasetti di terracotta.
Presso il tempio di Kandy in Sri Lanka, uno dei più famosi al mondo, i fedeli si mettono religiosamente in fila per vedere la stupa d'oro che viene esposta ogni mattina alle 9.30.
Questa stupa d’oro contiene il “dente di Buddha” e ogni anno viene organizzata una festa con danze e musiche durante la quale la stupa viene portata a dorso di un elefante per le strade della citta' di Kandy. All'interno del Tempio, un affresco ne riproduce i momenti salienti.
I fedeli, muniti di piccoli cestini pieni di fiori votivi, attendono questo momento e l'attesa è scandita dal ritmo dei tamburi e dei flauti. All'interno del Tempio sono custoditi innumerevoli manoscritti in forma di tavolette rilegate su cui sono riportare regole e rituali religiosi della fede buddista.
All'insegna dell'integrazione religiosa, nel Tempio di Kandy convivono anche piccoli templi dedicati al culto induista e le cerimonie di preghiera si mescolano in una comunione di intenti.
Gli strumenti di preghiera che a mio giudizio esprimono maggior fascino sono le ruote di preghiera. Sono tipicamente tibetane e possono essere portatili oppure più o meno grandi, disposte nei cortili esterni dei templi.
Le ruote portatili sono cilindriche con un coperchio removibile al cui interno è riposta una cavità contenente una striscia di carta attorcigliata molto lunga e sottile, che riporta innumerevoli ripetizioni del mantra “om mani padme hung” (possano i vostri corpo, parola e mente impuri trasformarsi nei puri splendenti corpo, parola e mente di Buddha) in caratteri tibetani. Il mantra è anche impresso sulla parte esterna della ruota, agganciata a una maniglia di legno tramite un asse di metallo. Un perno di piombo con una catenella è attaccato al cilindro consentendone la rotazione. Quando la ruota viene fatta girare, la preghiera si disperde nell'aria e il vento la trasporta in tutto il mondo.
I tibetani quindi utilizzano le ruote della preghiera per elargire a tutti gli esseri benedizioni spirituali e invocare un buon karma per la vita successiva. Vediamo i fedeli che fanno girare la ruota continuamente, mentre passeggiano, mentre conversano o riposano, mormorando il mantra. La ruota di preghiera deve essere girata in senso orario.
Le ruote di preghiera più grandi invece sono disposte al di fuori dei templi e i fedeli le fanno girare prima di rendere onore alla divinità all’interno del tempio.
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Ore 4 del mattino, sveglia prima dell’alba. Ci incamminiamo sulle strade ancora buie di Varanasi, è un intreccio di vicoli dove incontriamo persone che già stanno lavorando, povera gente che dorme per terra, le immancabili mucche che “pascolano” per le strade indiane. Arriviamo sulle sponde del fiume Gange dove ci attende una barca su cui ci accingiamo a salire. Ci vengono offerti dei piccoli cestini con fiammelle votive.
Il barcaiolo comincia a remare e ci consente di fare un giro lungo le sponde del fiume, dove vediamo alcune donne che lavano i panni con l’acqua ritenuta sacra.
Sono le 5 del mattino: il sole comincia ad intravedersi all’orizzonte e la luce, inizialmente fioca, ma di estremo effetto cromatico, riveste tutto ciò che c’è intorno.
Ci viene detto di adagiare sull’acqua le fiammelle votive, che, leggere, prendono il largo sul Gange. Tutto si svolge in un fragoroso silenzio, fatto di emozioni, di sensazioni, di luci che portano, per la loro potenza, quasi alle lacrime.
Abbiamo assistito ad uno dei più importanti riti indiani, l’alba sul Gange!
La sera prima sul ghat si era svolta la cerimonia sacra, un momento della religiosità indiana assolutamente da vedere e condividere!
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In Giappone la spiritualità asiatica si esprime in forme e gesti del tutto peculiari.
Per chi volesse approfondire si rimanda ad uno specifico post.
"Spiritualità d'Asia" fa parte, insieme ai lavori di altri Autori, del Catalogo Fotografico Progetto Portfolio 2016 curato da Carlo Gallerati e Noemi Pittaluga.
Il Catalogo è stato presentato il 1° e 2 aprile 2017 presso la galleria Gallerati in Roma dove rimarrà esposto fino al 2 aprile 2018.
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